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L'ARTE DI SOTTRARRE INFORMAZIONI

(Quella che segue è una nota a margine dell'"Almanacco siciliano delle morti presunte", che ho ripubblicato di recente. SIccome mi pare che riassuma in sintesi un'idea della letteratura alla quale credo molto, eccola qui)
Almanacco siciliano delle morti presunte uscì la prima volta nel ’96 per le benemerite Edizioni della Battaglia. Quasi uguale, con le stesse note di Roberto Scarpinato e Sandro Volpe.
Nasceva da una scommessa fatta con me stesso. Ascoltavo in televisione espressioni come “tragico attentato”, “povera vittima” e mi pareva di individuare in quella semplice accoppiata di aggettivo e sostantivo il sintomo della narcosi. Sentivo dire “tragico attentato” e mi dicevo: ah, c’è stato un altro tragico attentato. Mannaggia, ma anche: tutto secondo natura. Con quell’espressione il giornalista si faceva carico anche della commozione che in teoria avrebbe dovuto suscitare in me. Senza volerlo, mi esonerava da commozione e indignazione.
Così pure sui giornali: quando la descrizione di un delitto si fa dettagliata, è destinata a perdere efficacia. Più ci si sforza di dire, meno si riesce. Troppe informazioni tendono a significare nessuna informazione.
La scommessa di questo libro è dunque di sottrarre non solo aggettivi e avverbi, ma anche informazioni. Specialmente quel gene- re di informazioni che la voluttà dell’opinione pubblica si aspetta di ricevere. Niente sangue, se possibile.
E pure niente di nuovo, a pensarci bene: nella tragedia greca il sangue scorreva sempre fuori scena. Anche dopo venticinque secoli, la forma della tragedia risulta più efficace di qualsiasi resoconto giornalistico.

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Roberto Alajmo | 20/05/2013

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