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FENOMENOLOGIA DEL GIORNALISTA GATTO

In ogni redazione giornalistica a quanto pare dev’esserci almeno un giornalista-gatto che ha il compito di giocare coi gomitoli. Di ogni complessità cerca un bandolo, e quando lo trova comincia a tirarlo, a giocarci: fin quando il gomitolo è tutto sciolto.
A quel punto la complessità del gomitolo non è affatto più chiara. Al contrario. Il filo si trova sparso sul pavimento, sporco e inutilizzabile.
Per dire: il caso Rodotà-Tav-Nuove Br.
Tutto sta, come spesso capita, nella distinzione fra Capire e Condividere. Due concetti completamente diversi che nella vulgata giornalistica sono diventati sinonimi.
Esempio: lo psichiatra si sforza di capire la mente del serial killer. Ma si può dire che ne condivida i ragionamenti?
È bastato che qualche giornalista-gatto trovasse il bandolo di quella matassa per ritrovarsi in un dedalo di scemenze preconfezionate, basate su un filo di ragionamento estrapolato dal contesto.
Ma a quel punto è sempre troppo tardi: la polemica giornalista è innescata e la vittima - Rodotà, in questo caso – è costretto a inseguire il gatto che scappa con il filo fra i denti.
Fatica inutile. Come dice un proverbio ebraico: la perla che uno stolto getta in mare, cento saggi non sono in grado di recuperare.

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Roberto Alajmo | 23/09/2013

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